venerdì 5 febbraio 2016

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 11 marzo 1998 - Quinta parte

Segue dalla quarta parte.

Avvocato Filastò: Perché gioca? Perché si nasconde? E poi non è questo che osservano i periti. Osservano, rilevano un altro atteggiamento. Perché siamo qui a parlare della passività o meno, e quindi siamo ad approfondire quel tema riflesso dai primi quesiti rivolti dal Pubblico Ministero ai consulenti. Il tema riguarda una affinità esistente oppure no, da parte della psicologia, della psiche di Lotti, rispetto ai delitti delle coppie. Eh, beh, qui, da questo punto di vista intanto i periti rilevano l'impotenza - poi relativa -rappresentata dalle difficoltà di erezione, dalla mancanza di orgasmo, che è accentuato, tutto questo, dall'uso dell'alcool, dall'abuso dell'alcool, come tutti sappiamo e questo lo dicono a pagina 5. Rilevano degli aspetti di carattere perverso e poi rilevano un complesso di inferiorità a tutti i livelli: intellettivo, relazionale ed economico. Vale a dire superirustrato. E qui, per un attimo, cessa il terzo difensore di Vanni, ritorna l'avvocato Filastò e vi dice: attenzione, perché questo proprio non torna con... 
(voce fuori microfono) 
Avvocato Filastò: Eh? 
(voce fuori microfono) 
Avvocato Filastò: Proprio non torna con i delitti del serial-killer della provincia di Firenze. E pensate alla sfida, pensate al senso di onnipotenza, pensate alla lettera alla dottoressa Della Monica. La domanda, però, era: come questi disturbi sessuali entrano nella dinamica? E Fornari, a pagina 6 del verbale del 30 settembre del '96 dice: "Non solo e non tanto come passivo spettatore ed esecutore marginale, ma anche, in modo più sottile, un attento e sicuramente servizievole collaboratore, gratificato dal proprio ruolo e stimolato da quanto osservava in quelle occasioni." E lui invece come si propone? Secondo questi due studiosi, Lotti un po', molto genericamente - è ritornato il terzo difensore, eh, scusate questa altalena - insomma, genericamente: "Con quel quadro psicologico che si faceva insieme agli altri periti, beh, ci potrebbe anche essere. Ma passivo, semplice spettatore succube dei veri autori no". Secondo i consulenti del P.M. questa è un'immagine falsa che Lotti accredita a se stesso. Perché dicono le forti istanze di carattere perverso - aperte virgolette "fanno parte della sua personalità, delle sue scelte e della sua stessa interazione con l'esterno”, tutto questo è a pagina 9... pagina 6 . E sono queste le conclusioni depositate della consulenza che viene proposta al Pubblico Ministero il 20 novembre del 1996. E da questo punto di vista è la stessa relazione, in modo molto più dettagliato, al dibattimento, udienza 30 settembre del 1997, ecco, si dice, a pagina 10. Intanto si dice che sul punto, vale a dire su questi cioè vissuti, questo signore eludeva le domande. "Rispondeva in modo palesemente e volutamente evasivo alle domande che gli facevamo. In altri momenti riferiva elementi che facevano parte soprattutto della sua storia personale, ma direi più della sua storia somatica". Che significa? lo spiegheranno meglio al dibatti... lo spiegheranno meglio dopo, che lui a un certo punto cominciava a lamentarsi dei suoi mali: 'mi dole qui, mi dole là, mi fa male l'ha schiena'. Come ha fatto anche qui, no? E precisano ancora meglio, a pagina 10: "Talvolta eludeva le domande stesse, oppure si limitava a ribadire che su determinati a ribadire che su determinati argomenti non ha nulla di più da dire." Ancora, a pagina 11: "L'atteggiamento, cioè" - dice il professor Lagazzi, Lagazzi, non Fornari - "è l'atteggiamento di una persona molto attenta a quello che diceva, molto attenta a quello che non diceva, come se qualcosa lo volesse dire esplicitamente." Dice il professor Lagazzi: "Lo ha detto esplicitamente. Lo ha detto esplicitamente" - dice - "nel senso che, il nostro compito non era investigativo, ma era l'analisi dei suoi vissuti. Tutto quello che anche indirettamente poteva in qualche modo portare nuove discussioni su questi argomenti lui lo troncava." E come al solito, prendetene atto, sto facendo un'analisi citando testualmente - fra virgolette -le parole dei consulenti, di mio ci metto quasi nulla, anche perché faccio l'avvocato non faccio lo psichiatra. A pagina 13 rilevano, i consulenti, un aspetto di carattere voyeuristico e poi dicono: "... un suo atteggiamento globale che ci ha lasciato comprendere come vi fosse incoerenza tra la sua realtà clinica e la realtà che lui ci voleva riferire." Incoerenza, discrasia: da una parte quel che lui ci vuol fare intendere e dall'altra quel che è la sua realtà. Un infingimento, una mascheratura.. . "Che non riguarda quindi, come può darsi che vi venga detto, la tendenza omosessuale, non si sa se praticata o meno, ma proprio gli aspetti psicologici che potrebbero essere affini, sia pure alla lontana, alle circostanze dei delitti." E sta qui l'incoerenza. Sta qui il troncare i discorsi su certi atteggiamenti, su certi vissuti. E quando, a pagina 25, il professor Fornari dice: “Ci ha dato quello che ha voluto darci con estrema abilità. Lui sa benissimo regolarsi nei confronti dell'esistenza della vita. E' un astuto" - un furbastro direi io - "sa benissimo come si gioca con le persone..." L'abbiamo già visto, eccetera. A pagina 28, questi periti - sto parlando del verbale del dibattimento del 30 settembre del '97 - questi periti, in particolare il professor Lagazzi, dicono: "Nei colloqui ' abbiamo anche cercato di sondare comunque questa immagine" - termine usato da loro: immagine, non realtà, immagine - "di soggetto costantemente impaurito, passivo, che lui dava di sé. " E questo sondaggio loro lo hanno fatto valutando la persona reale, vista attraverso l'aspetto dell'empatia nei confronti delle vittime. Scusate, non voglio ovviamente fare la lezione a nessuno, è solo per scrupolo. Il termine "empatia", che sul Devoto-Oli non c'è, ed è un termine dotto e di uso poco comune, seguendo il grande dizionario della lingua italiana del Battaglia, che disgraziatamente è arrivato fino alla voce "sic" e mi ha impedito così di consultare, lì, in quella sede il termine "sorbo", però empatia c'era, e la definizione è questa: "Fenomeno per il quale il soggetto tende a proiettare se stesso nella struttura osservata" - che in questo caso erano le vittime. In questo caso nella struttura osservata gli si impone di osservare le vittime - "e a identificarsi con un altro essere vivente, o no, in una sorta di comunione affettiva." Ecco, è un fenomeno di questo genere, che è, per certi versi, come diceva un vecchio guardiano di una torre di San Gimignano che ci vide arrivare una volta noi studenti, matricole, tutti in banda, con le ragazze, su per questa scala, ci si spingeva, si urlava, si faceva tutte le cose che fanno i ragazzi a quell'epoca, però si era un po' più educati di quelli di ora... comunque, lasciamo perdere. Questo guardiano ci vide salire su in questa maniera e ci disse: 'l'educazione, ragazzi, l'è come il solletico, c'è chi la cura e chi non la cura'. E anche l'empatia c'è chi la cura e chi non la cura. E questo signore non la cura affatto. Per farvi un esempio di questa empatia, io, a un certo punto, per prepararmi all'esame dei periti medico-legali a suo tempo ho studiato a lungo tutti quei fascicoli fotografici, di rapporti, di relazioni, che riguardano quei delitti orrendi. E dopo ore di studio - perché come ho studiato in questo processo non ho mai studiato niente in vita mia - mi ricordo che la sera, quando si va a cena, spetta a me il compito di tagliare il pane. Piglio il coltello, comincio per tagliare il pane e avverto un sentimento di fastidio, questo coltello in mano mi pesava. Dico: ma che è? Ecco, è un fenomeno di empatia, per fare un esempio soggettivo. E che dicono? Gli chiedono, pagina 28, professor Lagazzi... loro constatano che questo signore, di fatto, sapeva in anticipo il possibile verificarsi di determinati eventi e naturalmente gli chiedono: 'e come mai lei ci andava?' Pagina 29: "Aveva paura di Pacciani, però" - dice Lagazzi - "nello stesso tempo abbiamo colto un altro aspetto, una totale, questo ci ha sinceramente colpito, assenza di empatia nei confronti delle vittime. E questo" - aggiungono -"nella immagine della persona passiva, timorosa, dipendente, sensibile, che lui voleva dare di sé" - tanto timorosa e sensibile da farsi trascinare dietro, no - "era assolutamente, era del tutto incoerente, non ci stava." Pagina 29, professor Lagazzi. E qui, capito, il Pubblico Ministero, anche qui, in questo caso, di fronte a questo esame che si svolge in questa maniera, dice, insiste: "Ma perché ci andava? Per via delle minacce?" E il professor Fornari secco - lo trovate a pagina 31 - secco proprio, eh, come il Martini dry: "Anche qui ci ha presentato una personalità che non è la personalità vera, autentica di Lotti." La storia delle minacce è una storia. Tradotto, vero; da me, non da loro. Quindi totale assenza di empatia con le vittime. E allora, a questo punto, fatemi un momentino ritornare l'avvocato Filastò a chiedervi: e la letterina? E la letterina che voi avete agli atti? Basta guardarla vero, come è arrivata quella lettera. Basta vedere come le parole sono impostate in un certo modo, collegate secondo il suono, secondo il significato. Ma lasciamo perdere questo. Il rimorso collima con l'osservazione di questi tecnici, di gente che persone di questo genere ne ha viste, ne ha esaminate e tutto il resto. Ma che, è un giochetto. Lui gioca con gli inquirenti. E' da astuto, da persona che si nasconde, che mente, che minimizza se stesso. Che sia farina del suo sacco quella letterina oppure no - io temo di no, il grafologo dice di no - però è certo che il gioco lo conduce lui, anche se magari, in qualche occasione, qualcheduno lo aiuta. "Del tutto incoerente” - dicono i periti, torniamo a loro - all'immagine della persona passiva." Pagina 29. "vero, coerente è il mascheramento; vera la mancanza di empatia, partecipazione affettiva con le vittime; vera, sicuramente vera la mancanza di rimorso." Pagina 31. "Lui è talmente ripiegato..." Dicono i periti: "Lui è talmente ripiegato sugli affari suoi, che proprio non ha nessuna emozione." Il freddo Lotti quindi, il "pazzo morale", come si diceva una volta. Il "folle morale", con espressione caduta in desuetudine e, da un punto di vista scientifico, totalmente superata dalla moderna psichiatria; ma che noi in queste aule giudiziarie possiamo rievocare, perché da un punto di vista metaforico, se vogliamo, è molto precisa e ci può servire a capire. L'egotista; l'uomo ripiegato totalmente su se stesso che vede soltanto se stesso e basta. 

0 commenti: