mercoledì 25 novembre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 6 marzo 1998 - Decima parte

Segue dalla nona parte.

Avvocato Filastò: Ecco: "Il dibattimento pubblico del processo Pacciani ha permesso di capire, ipotizzare e chiarire, già allora, che vi erano dei complici. Quindi c'è stata, su sollecitazione della Corte di allora, una nuova inchiesta." La sollecitazione viene dalla Corte. "L'imputato si era contornato di altri uomini, come lui vecchi, squallidi dentro, che ha dominato come ha voluto..." Eccetera eccetera. E il dottor Giuttari, a pagina 5 dell'udienza del 23/06/97, gli danno l'incarico per una lettura di atti, con uno scopo determinato; e gli dicono: 'dottor Giuttari lei è venuto fresco fresco qua a Firenze, e di questo caso se ne occupa approfonditamente per la prima volta, legga un po’ gli atti e veda un po' cosa si può ricavare’. No, gli fanno leggere gli atti con lo scopo di un esame, affinché - aperte virgolette - l'ha detto lui, questa è l'espressione del dottor Giuttari: "potessero emergere elementi utili per dimostrare" - ha usato questa parola "dimostrare" - "che, oltre Pacciani, potessero esserci stati eventuali complici, quanto meno nel delitto degli Scopeti. Perché la Corte di Assise aveva ipotizzato la compartecipazione di un altro soggetto nel delitto degli Scopeti." Parte così quest'indagine, capite? Vi sembra un buon piede di partenza a voi? A me no. Un inquirente che viene sollecitato ad indagare in una certa direzione. Ma quante volte noialtri avvocati si dice: 'questa è un'inchiesta a senso unico'- È un cavallo di battaglia, no. 'Eccola qua l'inchiesta a oggetto determinato'. Più di così? Un input che viene da una sentenza. E, devo dire, da questo punto di vista, che il dottor Giuttari purtroppo è in qualche modo un po' inesatto, e non ha ben meditato la sentenza. Perché? Perché dice che la sentenza di I Grado, ..Pacciani aveva ipotizzato la compartecipazione di un altro soggetto nel delitto degli Scopeti. E non è vero. Perché' la sentenza di I Grado del processo Pacciani aveva ipotizzato la compartecipazione, di un altro, soggetto nel delitto degli Scopeti e nel delitto di Vicchio. Ed è questa la prima inesattezza che io rilevo nella deposizione del dottor Giuttari; tanto che il dottor Giuttari poi allega, produce, sia pure idealmente, tre pagine di quella sentenza che poi voi avete espulso, che sono dalla pagina 442 alla pagina 445, dimenticandosi che c'erano altre - 451 - altre- 6 pagine, dopo. E tutto questo complesso di pagine della sentenza di I Grado del processo Pacciani, di che cosa si occupava? Si occupava dell'ipotesi di un complice o più complici, nel delitto degli Scopeti, ma dalla pagina 445 alla pagina ’454- — quindi anche di più di quello che ho detto prima, mi ricordavo 451... quasi 10 pagine - ipotizza la presenza di un complice anche nel delitto dell'84, Pia Rondini e Stefanacci. Ed è opportuno ripercorrere, o per lo meno io ve lo indico, l'iter di questo ragionamento induttivo del Giudice di I Grado, per osservare fino a che punto l'input alle nuove indagini sia fondato su ragionamenti deboli di quel Giudice, molto deboli. E soprattutto, come bene disse il Giudice di II Grado, surrettizi. È l'ipotesi che è surrettizia. Perché? II Giudice di I Grado ne parla in questa parte della sentenza, di cui in questo processo bisogna parlare, Presidente, perché è quasi una notizia di reato. A sentire quello che dice il dottor Giuttari, in fondo, questa parte della sentenza equivale quasi a una notizia di reato. Il Giudice che condanna Pacciani si trova di fronte a due dati obiettivi che contrastano con l'accusa. E sono due dati obiettivi, veramente obiettivi, che riguardano uno gli Scopeti e un altro l'84. Per gli Scopeti chi trova? Eh, si trova di fronte il dottor Zanetti, dell'avvocato Zanetti, scusate, che avete sentito anche voi; il quale avvocato Zanetti, insomma, fa una constatazione piuttosto importante. Perché che questa macchina, con quelle caratteristiche stia sul luogo degli Scopeti per tutto quel tempo, per nove giorni precedenti — sono nove volte - lì così, a caso, sembra un po' strano cioè direi impossibile. Poi lui vede anche questa persona, che esce dalla macchina; la vede, la individua la descrive gli si fa vedere Pacciani, dice: 'no assolutamente non è lui'. Gli si fa vedere le fotografie di Pacciani all'epoca e dice: 'assolutamente non è lui'. Gli abbiam fatto vedere a questo dibattimento il signor Mario e ha detto: 'non è lui'. Ecco perché la sentenza di II Grado dice "surrettizia l'ipotesi del complice". Perché lo dice la sentenza dice: "Zanetti si spiega con il complice”. Per il delitto dell'84 c'è qualche cosa addirittura di più cospicuo. Vale a dire ci sono delle impronte dì ginocchio che sono sulla fiancata della Panda. Queste impronte di ginocchio corrispondono a delle impronte di mano che sono sullo sgocciolatoio della macchina. Mi fai venire qui voglio fargli vedere... Mica per nulla, scusate, eh guardate. Io identifico una posizione, fate conto che qui ci sia lo sportello ecco. Vedete? Guardate. Vedete? È la posizione tipica di chi sta prendendo la mira appoggiandosi così, e che sta sparando all'interno della macchina. E le impronte di ginocchio son l. La maggior parte delle pagine di questa sentenza di I Grado sono per dire che queste impronte forse non hanno a che vedere con lo sparatore. Beh, insomma si può dir tutto, vero? Sono frammenti di impronte digitali sul montante superiore dello sportello destro sopra la cornice del finestrino. Due aloni da spolveratura, appaiati, di forma semicircolare, che distavano da terra circa 60 centimetri, misurati dal bordo inferiore." Dice l'equipe De Fazio. "Tenendo conto di un'altezza da terra del punto medio dell'impronta che poteva corrispondere al punto medio rotuleo, di 55-5 6%, con riferimento alle tavole antropometriche di Rollé, si poteva fondamentalmente presumere che la persona che si era appoggiata allo sportello destro della macchina, contemporaneamente afferrandosi allo sgocciolatoio sopra il montante superiore dello sportello destro della Panda, era una persona di Altezza superiore a 1 metro e 80, e non di poco." Gli spari che colpiscono le due vittime, e non sto a ripetere quello che ha detto così bene il collega Mazzeo - dove l'è andato? Eccolo là. — vengono sparati dallo sportello destro, questa volta, eccezionalmente, rispetto agli alti casi in cui si spara dal finestrino sinistro. Ma la macchina è in posizione tale che al finestrino sinistro non ci si può arrivare. E le impronte sono proprio lì e identificano questa posizione. E i periti dicono: queste sono dello sparatore, attendibilmente. Sapete perché il Giudice di I Grado ritiene che potrebbe non essere lo sparatore? Ma io ve lo racconto; voi la sentenza non l'avete, ve lo racconto. Se poi non è vero, qualcuno mi dirà in replica: avvocato, lei dice delle cose che non sono vere, commentando un documento che è scritto nero su bianco, raccontando delle fandonie. Lo dice con dei contorcimenti, proprio senza aggettivi, perché dice: "Sono troppo vicine l'una all'altra." Perché secondo lui lo sparatore doveva stare per forza a gambe divaricate e non gli viene neppure in mente l'idea che questo qua, in un certo momento, abbia perso un po' l'equilibrio, si sia agguantato e appoggiato, in un momento in cui a gambe divaricate non stava. Siccome queste impronte sono troppo vicine l'una all'altra, dice: 'no, allora non ci siamo oppure forse questa è un'ipotesi si, sì, insomma, potrebbe anche essere', perché poi dopo discute anche tutto questo, dice: 'sì, potrebbe anche essere, però c'è tutto questo aspetto' .... E con una dovizia di ragionamenti, a mio parere, pseudologici, per cui questa ipotesi viene ritenuta come "affacciata da chi si avventuri per i sentieri fantasiosi prospettati". Insomma, è una di quelle situazioni, a leggere quella sentenza in questo punto, che m'hanno rammentato quel che dice il Cordero nel commento al Codice di procedura penale, sulla iperfasia dei Giudici, quando dice che "la iperfasia dei Giudici non è mai innocua". E commenta l'articolo 609 del Codice di procedura penale, che impone la concisione, o per lo meno consiglia la concisione, con questo commentino, che è un modo anche un tantino per interrompere la tensione... la tensione, insomma: "N e P sono due Giudici, devono stabilire l'attendibilità" - dice, questo, il Cordero, eh — "di un testimone. Il Giudice N lo dice e basta, meno naif, il Giudice P mutua interi blocchi dall'universo verbale degli exempla offerti dalla Cassazione, affatturando un caleidoscopio imponente, sonoro, vuoto. Sono due decisioni equivalenti all'origine, ma solo una appare votata all'annullamento: l'ingenua. La pseudomotivata può darsi che lo schivi. Non è mai innocuo il gergo esoterico applicato alle cose serie. E ne fiorisce anche qui, paragonabile al latino dottorale schernito da Rabelais, modulandolo: uno accumula quanta prosa vuole senza dire niente. Nascono prodotti simili agli oracoli dei templi, in cui 'non tenebatur, judex, in sententia esprimere'. Bello eh? Ma come scrive? Comunque, alla fine il Giudice di Pacciani è costretto ad affacciare l'ipotesi che, quanto meno, le impronte siano stata lasciate in occasione del delitto. E se si tratta dello sparatore, però, il dato contrasta ineluttabilmente con Pacciani, come per Zanetti, che ha visto un uomo alto 1 e 80 e che non è Pacciani. Così qui, in questo caso - e Zanetti, fra l'altro, riduce l'altezza, quella che gli appare, e dice anche perché: perché lui lo vede dall'alto verso il basso; poteva essere anche più alto. Ed è qui, in particolare, che la sentenza si produce in quell'iperfasia, in quel gergo esoterico di cui parlava il Cordero. E questo per dire che cosa? Che non dello sparatore Pacciani si tratta,- il quale comunque resta lo sparatore — secondo il Giudice di I Grado - ma del complice, nell'atto di tenere la portiera aperta a Pacciani, il quale estrae il corpo della ragazza dall'auto, come dire: l'assassinio è sempre il maggiordomo'. Perché qui, capito, nell'economia di questo fatto, abbiamo Pacciani che spara, Pacciani che ammazza, il correo il quale - come dire, c'è già quest'aspetto, no, di sudditanza, c'è già questa specie di reverenza, c'è già questa specie di "succubanza" del complice, rispetto al demoniaco Pacciani - gli tiene aperto lo sportello perché possa agevolmente tirar fuori la vittima e così facendo lo sportello gli viene a battere sulle ginocchia. E scusi, dottor Ognibene, perché è lui che l'ha stesa la sentenza, no, scusi dottor Ognibene, e le impronte della mano? Uno apre lo sportello tenendosi da su? A me questa storia mi ricorda la nebbia della Moby Prince, scusate, eh, perché io ho questo veleno addosso. Veleno. Ho letto 800 pagine di una sentenza in cui si dice: 'c'era la nebbia, è per questo che è avvenuto il fatto'. Anche veleno di carattere personale, perché avevo scritto un articolo, a suo tempo, su un settimanale, L'Europeo, dicendo: non c'era nessuna nebbia e chi ne aveva parlato era un gran bugiardo e voleva nascondere delle cose, e questo mi ha querelato, mi ha, va bene - tanto per dire che a me non mi fa paura nessuno - m'ha fatto una querela per diffamazione, sono stato processato dal Gip di Milano, sono stato assolto perché il fatto non sussiste, con una sentenza la cui motivazione dice: 'quello lì è anche un buon giornalista'. Ecco, e dopo tanto faticare in quel dibattimento, dopo tanto contrastare quest'ipotesi di questa nebbia, ritrovarsela avventizia, improvvisa, che improvvisamente nasconde l'AGIP Abruzzo, mi ha dato uno dei dolori professionali più gravi della mia vita. Non sono riuscito nemmeno a scrivere una memoria da mandare al Procuratore Generale, perché avevo da preparare questo processo qui, e va be', non si può far tutto nel mondo. Ma è un dolore, eh, è un dolore, guardate, è un dolore intellettuale. Come mi danno dolore intellettuale queste affermazioni del dottor Ognibene su questo fatto. 

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