venerdì 16 ottobre 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 5 marzo 1998 - Prima parte

Presidente: Allora, Nicla, diamo atto c'è Vanni col suo difensore, i due difensori. L'avvocato Mazzeo mi sostituisce anche Bagattini per Faggi. Fenies, Zanobini per Corsi. E Bertini per Lotti. Lotti c'è stamattina? No. 
(voce fuori microfono)
Presidente: Non c'è. E l'avvocato Voena per le parti civili, mi rappresenta anche le altre parti mancanti. Allora...
P.M.: Presidente, chiedo scusa. Un attimo solo. Volevo ottemperare a quella richiesta, che la Corte aveva fatto giorni fa, di depositare gli originali delle agende del 1981 sequestrate al Faggi.
Presidente: Sì.
P.M.: Il verbale di perquisizione e sequestro dovrebbe essere già in atti, dal quale risulta un particolare in più. Cioè, che le agende relative al 1981 sequestrate al Faggi sono due, in realtà, non una sola. E c'è quella di cui si parla un po' nel 1'annotazione della Polizia Giudiziaria, e della quale vi ha riferito in udienza il dirigente della Squadra Mobile dottor Giuttari, che è questa, è l'agenda marrone.
Presidente: Si.
P.M.: Che, risulta dal verbale di sequestro, fu reperita nella scrivania nella stanza adibita a studio nella abitazione del Faggi. È quella nella quale c'è l'annotazione famosa, alle date 21 e 22 del mese di ottobre dell'81, relativo alla gita a Celano Fucino, di cui fra l'altro ha parlato il teste Felli e che è stata oggetto di discussione da parte della difesa a dimostrazione del fatto che se era a Celano Fucino, il Faggi sostanzialmente aveva un alibi per quel giorno. Un esame del verbale di sequestro ha consentito, tuttavia, di identificare che era stata sequestrata una seconda agenda al Faggi, la quale era, diciamo, conservata nella cantina, nel garage del Faggi. L'esame che è stato fatto successivamente, cioè in questo giorni, proprio su impulso della Corte, ha consentito di verificare un elemento che non era stato apprezzato a sufficienza, in un primo momento. Cioè, in guesta seconda agenda, sempre del 19 81, che fra l'altro risulta essere l'agenda vera perché è piena di indicazioni - mentre l'altra che lui aveva nella sua scrivania, in fondo contiene pochissime annotazioni per quei giorni - dicevo, questa agenda vera mostra che la situazione obiettiva è diversa. Perché in questa seconda, che io dico vera, comunque poi la Corte apprezzerà - essendo documento è già sequestrato - la gita al Fucino viene diciamo spostata, o comunque collocata in date diverse, nel 4 e 5 novembre. Cioè, l'indicazione è identica, però è in date diverse. E corrisponde sostanzialmente a quella testimonianza in aula del Felli, il quale diceva di ricordare che la venuta del Faggi a casa sua corrispondeva alla fine di ottobre, primi di novembre di quell'anno, che era l'epoca della raccolta delle patate. Quindi direi, il dato obiettivo che risulta dai documenti ' sequestrati al Faggi, porta questa diversificazione di annotazioni, sulle quali poi in replica, ovviamente, il P.M. cercherà di fare le sue valutazioni, dal momento che è un elemento che è stato ancora meglio sviluppato a seguito della richiesta della Corte. Io mi sono premurato comunque di fare delle copie integrali di queste agende, che ho messo a disposizione già ovviamente dei difensori di Faggi, ne ho altre due o tre copie nel caso interessi a qualcuno degli altri difensori. Sono a disposizione. Per dovere, credo che sia opportuno che la Corte esamini anche — e per questo faccio la produzione - un'altra agenda: quella del '79, sempre sequestrata a Faggi e che era nel - come risulta dal verbale di sequestro - nel garage. Perché l'agenda del '7 9? Perché, come il teste Felli riferì in aula, le gite a Celano nel Fucino da parte del Faggi, le visite al Felli non sarebbero state una sola ma due. Il Felli colloca la seconda visita in epoca antecedente. Mi sembra di ricordare - ho riguardato il verbale - che dice negli anni '80-'81. Per la verità c'è, nell'agenda del '79, un'annotazione alle date del 23—24 ottobre del 19 7 9 di una gita a Celano nei giorni per l'appunto 23-24 ottobre. C'è una caratteristica: che questa annotazione è fatta esclusivamente a lapis, mentre tutta l'agenda, che contiene per la verità pochissime annotazioni, è scritta a penna. Anche questo sarà oggetto di esame da parte del P.M. in sede di replica. Anche di questa agenda io ho provveduto a fare copia, consegnandola ai difensori del Faggi. Se qualcuno ha interesse, degli altri difensori, io ne ho copia anche per loro. Deposito anche - per mero scrupolo, ma dovrebbe esserci già in atti, perché atto irripetibile - il verbale di sequestro di queste agende. Mi riservo poi in replica di spiegare il punto di vista del P.M.
Presidente: Va bene. Voglio solamente precisare che l'impulso della Corte era solamente relativo all'acquisizione dell'agenda '81 che non avevamo. Quindi, non sapevo dell'esistenza di questa seconda agenda.
P.M.: Sì, Presidente. Ecco, diciamo per non perfetto esame delle carte, non l'avevamo verificato a sufficienza, né la Polizia Giudiziaria, né il P.M. Però il dato obiettivo è che nel verbale di sequestro risulta chiaramente che furono sequestrate due agende dell'81 e credo sia mio dovere darle tutte e due; oltre che dovere è un elemento processuale molto importante, che cambia sicuramente quanto meno la discussione sulla posizione del Faggi. Perché qui c'è un alibi fallito. Ma questo è un elemento diverso, di cui i difensori di Faggi sono già a conoscenza. Essendoci anche l'altra annotazione sulla agenda del '79, ho ritenuto opportuno, per mio dovere, fornire alla Corte anche questo elemento obiettivo che risulta comunque da quel verbale di sequestro...
Presidente: Va bene.
P.M.: ...atto irripetibile, di cui la Corte doveva essere già messa...
Presidente: Va bene.
P.M.: ...non solo al corrente, ma a disposizione.
Presidente: Va bene. Un'altra precisazione. La necessità di questa agenda era in relazione a quanto affermò la parte civile, rappresentata dall'avvocato Voena, perché adduceva a un'annotazione proprio il giorno del delitto: 23 ottobre del '81.
P.M.: Esatto. Per correttezza, l'avvocato Voena... Ho fatto copie anche per lui e gli ho già depositato copie, di modo che, siccome ha concluso e ha diritto di replica, se crede, se ha qualcosa da dire, le carte sono a sua disposizione. 
Presidente: Certo.
P.M.: Tutti gli altri difensori che ne avessero bisogno, io ne ho copia. Ho interesse.
Presidente: Bene. Allora, possiamo iniziare. Avvocato Filastò, la parola a lei. Grazie.
Avvocato Filastò: Grazie, Presidente. Signor Presidente, Signori della Corte: buongiorno, prima di tutto.
Presidente: Buongiorno.
Avvocato Filastò: In questo processo, signori, si respira un'aria piuttosto viziata. Il processo è annoiato da un odore sgradevolissimo di saponetta da basso costo, da toilette, se mi capite. Accanto ai delitti, atroci, terribili, di cui si dovrebbe occupare questo processo, accosta questa sessualità "meschina", per usare un aggettivo che non è mio ma che è di Gabriella Ghiribelli: "mignotta sì, ma meschina no". Meschina, povera, triste. E questo odore fastidioso permane, a sproposito, come vedremo. Suggestivamente a sproposito in questo processo. E quindi consentitemi, prima di tutto, di aprire la finestra, fare entrare un po' d'aria più pura, comunicandovi una specie di atteggiamento, che è di questo difensore quando, una volta ogni tanto, i ritmi sono lenti. Lavorini, strage di Petriano, Italicus, 904. Gli capita a questo difensore di entrare dentro a uno di questi mastodontici processi di cui si nutrono a volte le nostre aule giudiziarie, con queste carte che non finiscono più, con questi armadi di carte.xE mentre lavoro, studio - sono abituato a studiarli i processi, mi hanno insegnato così - mi capita, come dire, di provare una specie di affetto per i Giudici che poi mi ascolteranno. Non voi, non personalmente voi. Un Giudice ideale - che mi auguro non metafisico, però - e son confortato in questo atteggiamento mentale dalla memoria di un grande giurista, umanista, grande scrittore anche, Piero Calamandrei. Il quale, su questo Giudice, ha scritto un bellissimo libro che si chiama "L'elogio dei Giudici". E questo Giudice ideale, vedano, rispetto al quale io provo questo sentimento di affezione, è un Giudice terzo, prima di tutto; e siccome la parola è significativa, però bisogna, dal significante, passare all'autentico significato. Terzo che significa? Significa non burocratico, prima di tutto. Significa separato, discinto da qualsiasi bureau, da qualsiasi ufficio, inteso come struttura, come istituzione. Significa non solo capace di ascoltare le ragioni delle parti, ma anche di esser libero - libero, davvero libero - da tutte le suggestioni, che tanto più ci sono, esistono, son nell'aria, insieme a quell'odoretto che dicevo prima, a quella piccola puzza di cui facevo riferimento prima, c'è poi questo clamore intorno a questo caso, che è dato da anni e anni e che riempie le cronache dei giornali, non solo, ma le conversazioni, le analisi, i discorsi, le opinioni. Chiunque di voi, prima, prima di diventar Giudici di questo processo, ha avuto la sua idea sul Pacciani, è inutile nasconderlo. Innocente o colpevole? Eh, come si fa? È difficile esser terzi da questo punto di vista, esser terzi anche nei confronti di Pietro Pacciani, defunto, è difficile; ma necessario, Signori, indispensabile per voi. Giudice terzo e instancabile, scrupoloso fino alla pignoleria. E fra poco vedremo fino a che punto ce n'è bisogno di questo sguardo attento, profondo, che guardi le carte - perché si tratta anche di guardare le carte - le legga, ma le legga bene, non come qualcuno, qui, le ha lette; sbagliando, incorrendo in un infortunio grave, prendendo poi spunto per dare lezioncine di deontologia agli altri da questo errore. E anche, se volete, immaginativo, quando occorre. Di quella immaginazione galileiana, sapete: "Se taluno ha una cosa da trovare, ha da far lavorar la fantasia e giocar di invenzione e indovinare." Lo disse Galileo Galilei questo. C'è bisogno anche talvolta di far quel salto, quella che un filosofo americano, pragmatista, chiama "abduction", abduzione; fondata, certo, fondata su dati obiettivi, seri. E poi, dove non si può arrivare, ecco, sì, anche questa. E mai preconcettuale, mai. Tabula rasa fino alla decisione finale, ma non soltanto sul tema principale; no: su ogni singolo argomento, su ogni singola questione, scevro da preconcetti e mai indifferente. Sopra Vicchio, o Ponte a Vicchio, sopra quella via Sagginalese, un po' più in là, un po' più su, su quei monti, che sono le propaggini dell'Appennino, c'è Barbiana, l'ho visto passando, la freccia: Barbiana. Io ci andavo, lo conoscevo don Milani. Un uomo straordinario. Don Milani sulla lavagna ai suoi ragazzi, quando cominciava la scuola, il primo giorno scrive: "I care it", mi riguarda. Non c'è niente che non vi riguardi in questo processo. - Qualcuno vi ha detto - voi sapete, c'è stata anche un po' di polemica - ma noi abbiamo questi delitti, il convento passa questo. L'accusa ha circoscritto la materia entro questi binari e qui dovete restare. No, no, no. "I care", vi riguarda. Vi riguarda il '68, vi riguarda il '74, vi riguarda l'81 di giugno. Eccome se vi riguarda. E non solo questo, ho fatto ora qui l’esempio più cospicuo. Ci sono altre cose che vi riguardano in questo orrendo processo, orribile, il pasticcio più perverso nel quale mi sia mai imbattuto in 35 anni di carriera. 

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