lunedì 27 luglio 2015

Processo contro Mario Vanni +3 - Udienza del 3 marzo 1998 - Quarta parte

Segue dalla terza parte

Avvocato Mazzeo:  Torniamo alla chiamata in correità. Con tutte le annotazioni e le connotazioni che ho fatto prima e che riguardano la tradizionale considerazione di questo strumento di prova estremamente cauta da parte dei nostri Giudici -Giudici di merito, Giudici di legittimità, quindi, i Giudici di merito è Cassazione - la figura dell'imputato testimone, figura ibrida, no? E quindi alcune definizioni, neanche troppo antiche, della chiamata in correità da parte di Giudici della Suprema Corte di Cassazione. "Fonte equivoca e malsicura." Quindi, questo atteggiamento di razionale diffidenza verso la chiamata in correità. "Fonte equivoca e malsicura", Cassazione, 23 gennaio '84, Azzalin. "Fonte impura. Fonte di prova impura", Appello di Roma 27 febbraio '58, Piccirilli, "Dichiarazione proveniente da persona la quale mira, immancabilmente, a diminuire le proprie responsabilità." Cassazione, 23 novembre del '51, Spedicato. "Dichiarazione proveniente da una fonte non moralmente limpida e che è animata da un interesse." Cassazione, 22 dicembre '86, Alfano. "Prova gravata di sospetto." Cassazione, 11 luglio '89, Ferro. Così i nostri giudici, da sempre - io ho fatto una ricerca che va indietro di 50 anni, ma penso che se fossi andato a prima della guerra sarebbe stato lo stesso - così i nostri giudici, da sempre, con un atteggiamento di razionale diffidenza si sono posti di fronte a questo, chiamiamolo, mezzo di prova. E, proprio per queste ragioni, il nostro nuovo Codice di procedura penale, perché fino al 198 9, quando era in garante il vecchio Codice di procedura penale, c'era grande discussione in dottrina e in giurisprudenza se la chiamata in correità, proprio per queste sue connotazioni che ho illustrato, si poteva considerare valida, nuda o vestita. I Giudici togati ricorderanno: la chiamata in correità come deve essere? Nuda o vestita? Cioè a dire, è sufficiente l'esame della credibilità e della attendibilità intrinseca del chiamante, nuda, per considerarlo un mezzo di prova - e quindi comunque un esame va fatto, su questo - oppure deve essere necessariamente vestita? Cioè a dire ci vuole il famoso riscontro oggettivo. Cioè, ci vogliono elementi esterni che non provengono dal chiamante, che non siano autonomi i mezzi di prova sennò la chiamata in correità non servirebbe a nulla, se c'è già un mezzo di prova che accusa qualcuno; ma che siano delle indicazioni certe che possano suffragare. Nuda o vestita, la polemica, chiamiamola così, è stata superata brillantemente dal nuovo Codice di procedura penale. Perché quell'articolo 192 III Comma, che ho letto prima, lo dice in modo, detta ima regola positiva di giudizio, regola positiva di giudizio. Dico per i Giudici non togati che c'è una regola dove non si può prescindere. Perché, una sentenza che non tenesse conto di questa regola costituita a giudizio sarebbe già affetta da difetto di motivazione. Quindi, Cassazione. La regola positiva di giudizio è che la chiamata in correità può anche essere intrinsecamente attendibile, il chiamante in correità, l'accusatore, può anche essere credibile per una serie di validissime ragioni, ma se non ha anche un riscontro oggettivo, non bisogna neanche tenerne conto. Perché c'è una presunzione relativa di non credibilità, a proposito di questo mezzo di prova. Ecco, una delle massime che ho citato dice: "Dichiarazione proveniente da persona la quale mira, immancabilmente, a diminuire le proprie responsabilità. Ecco, Signori, questo sano realismo razionale di diffidenza voi ne avete avuto - proprio con riferimento a questo: "mira immancabilmente a diminuire le proprie responsabilità" - ne avete avuto la riprova in un sacco di occasioni, numerosissime occasioni, durante questa istruttoria dibattimentale. Proprio con riferimento al Lotti. Mira a diminuire le proprie responsabilità. Dice: "Ma io andavo con loro..." Il movente di Lotti, con riferimento a Lotti, è sempre rimasto galleggiante, a mezz'aria, sospeso. "Io ero costretto per due ragioni", poi non si sa qual è quella prevalente, che ha detto entrambe le cose. "Io ero costretto perché Pacciani mi minacciava fisicamente." Cioè, 'io avevo una soggezione fisica nei confronti del Pacciani', e poi dice contestualmente : "No, io ero costretto anche perché Pacciani mi aveva costretto a subire rapporti omosessuali e io temevo di essere svergognato presso la mia comunità." E va bene, ma insomma, sono due cose che non… Poi, dice: 'andavo lì, facevo il palo, non facevo il palo...' Poi vedremo che, quando dice che fa il palo, lo fa in certi posti in cui è impossibile fare il palo, insomma. Tutto questo risponde proprio a questa valutazione che ha fatto il giudice, di legittimità, quando dice: 'io devo stare attento di fronte alla chiamata in correità, perché chi chiama in correità mira immancabilmente a diminuire le proprie responsabilità'. Questo è successo, lo avete avuto sotto gli occhi, col Lotti. La progressione delle dichiarazioni e tutto il resto. Ecco. E quindi la necessità, proprio come regola positiva di giudizio, affermata dal III Comma del 192, sotto pena di andare contro la legge, se non se ne tiene conto, al di là della convinzione che poi uno si fa circa la colpevolezza o innocenza degli imputati, perché qui non siamo a fare giustizia sommaria, ma giustizia. Io non amo gli aggettivi, non esiste la giustizia sommaria, esiste la giustizia; non esiste l'onestà intellettuale, esiste l'onestà. Ecco. Quindi, dico, i riscontri. Dice: "Altri elementi di prova occorrono..." Quindi, "Altri elementi di prova che ne confermino 1'attendibilità." Gli altri elementi di prova, la Suprema Corte ha avuto modo di spiegare in più occasioni che non c'è limite qui. "Altri elementi di prova", può essere prova diretta, prova indiretta; può essere prova provata, indizi. Indizi, indizi. Uso sempre il plurale, perché lo usa il Legislatore. Non indizio, "Indizi certi, numerosi, gravi, precisi, concordanti." I requisiti degli indizi. Anche gli indizi possono rappresentare riscontro. Sono stati chiamati, siete stati - voi - sommersi, anzi, vorrei dire, da una raffica di cosiddetti "indizi", nella prima settimana delle discussioni. Da una raffica di cosiddetti "riscontri oggettivi". Io molto sommessamente dico che non ho mai sentito usare la parola riscontro oggettivo e la parola indizio così a sproposito come in questo processo, mi si consenta. E non perché lo dico io, ma perché lo dice la Corte Suprema di Cassazione. E allora, ancora una volta, facendo esercizio di sano buonsenso, perché sono concetti con i quali facciamo i conti nella nostra vita quotidiana, eh; tante volte le scienze sembrano quasi delle mascherature verbali. Io non ho mai capito perché i medici, per esempio, si esprimono in un certo modo, no? Per dire che uno ha il mal di schiena, usano delle parole astrusissime. E, probabilmente, con riferimento agli avvocati, ai giudici, eccetera, i cittadini che non fanno questa professione, penseranno la stessa cosa. Tante volte sono mascherature verbali, eh, signori. Non ci impressioniamo. Una volta, questi avevano anche uno scopo: impressionare l'incolto, impressionare colui che non sa, per crescere ancora di più ai suoi occhi. Creare questa specie di reverenza puramente formale, fumosa. No, la differenza tra indizio, perbacco, e sospetto è chiarissima. Lo può chiarire chiunque. Come può chiarire chiunque la differenza tra imbrogliare e incastrare, per esempio. E, sicuramente in perfetta buona fede, il Pubblico Ministero, alterando il pensiero e le parole del Lotti, a un certo punto - poi vedremo - dice: 'no, lui ha detto, a un certo punto, mi ha incastrato la Polizia'. No, ha detto: "Mi ha imbrogliato." E siccome siamo in Toscana, e quando qui arrivai 30 anni fa rimasi colpito subito dall'estrema proprietà di linguaggio che avevano tutti, a qualsiasi livello, anche le persone più illetterate. Andavo a guardarle sul vocabolario le cose che mi sentivo dire. Non sbagliano mai. Qui è nata la lingua italiana. Quindi, un toscano, buono o cattivo che sia, che dice "imbrogliare", vuol dire imbrogliare, vuol dire ingannare. Uno vi dice "incastrato", vuol dire un'altra cosa. E lo vedremo. E quindi "qualunque elemento di prova". Qualunque elemento di prova, anche indizi. Qui si è parlato soprattutto di riscontri che, nelle parole di coloro che hanno parlato, sarebbero indizi, sarebbero indizi. Esempi: questo carosello di macchine, va bene?, in prossimità dei luoghi dei delitti di Vicchio e di Scopeti; questa girandola di macchine, una due, bianca, nera, rossa, bianca, chiara, scura, in ore prossime a quelle degli omicidi, in luoghi prossimi a quelli degli omicidi; questo è un indizio. Non è un indizio, lo vedremo. Addirittura è passato per indizio la sensazione... correttamente il Pubblico Ministero ha detto: 'io ve la do, così coni'è, ve la passo così com'è', non ha avuto il coraggio - mi scusi - di chiamarlo indizio. La sensazione della povera Bartalesi, quando dice: "Ho avuto la sensazione che il Lotti nascondesse un segreto terribile.” Ohé, Signori, ma qui siamo in un processo, eh. Queste sono cose da romanzo di appendice. E che, si viene... Già il fatto che si dicano - me lo consenta il rappresentante dell'accusa - per me è improprio. 0 che, si va avanti con le sensazioni? Lui ha dato un magnifico esempio di sensazione che non è indizio, per esempio. Però, intanto, no: la calunnia è un venticello, diceva quel ritornello de "Il Barbiere di Siviglia", che, piano piano, monta monta monta. Le parole sono frecce, eh, si dice nella Bibbia. Parole come frecce. Dice Sartre: "Le parole sono come le pistole cariche." E vero, eh. Ma voi dovete guardare dietro le parole; non vi dovete fermare neanche alle mie di parole. Meno che mai a quelle dell'accusatore. Perché c'è sempre una presunzione di innocenza. In dubbio prò reo, si diceva. Anche dai nostri antichi, che noi diciamo che erano incivili perché usavano la tortura fondata sul dolore. Noi adesso usiamo la tortura fondata sul premio. Guarda quanti passi che ha fatto il Diritto. Quindi, dico: la differenza che passa fra l'indizio e il sospetto; tra ciò che è e ciò che si vuol vedere. E ce lo dice la Suprema Corte di Cassazione. Dice: 'Guardate, che il riscontro alla chiamata in correità, certamente che può essere rappresentato da indizi'. Perbacco! Prova indiretta. Che cos'è l'indizio? E' un fatto, un dato storico. Che ne so, il coltello da cucina del Vanni; può essere un indizio, eh. Può, può, attenzione! E' un dato storico. Sono entrati in cucina e hanno trovato un coltello. Hanno trovato un coltello. Punto. Lo hanno trovato nel forno. Punto. Fin qui hanno registrato dei dati storici. C'era un coltello da cucina. Beh, va be', uno potrebbe obiettare: oh, in tutte le cucine ci sarà un coltello da cucina. Sì, dice, ma questo era nel forno, eh. E allora subito si sono insospettiti. E qui hanno fatto il salto logico, anzi, illogico, che li ha portati alla conclusione sbagliata. Non era un indizio. E perché non è un indizio? Perché questo dato storico, per poter essere un indizio, dice la Corte Suprema di Cassazione, dice la Giurisprudenza - costante, che è riflessione, che è ragionamento, che è lavoro e che è uso del cervello - dice: l'indizio deve essere certo, perbacco! Sennò come lo distinguo io da un sospetto? Da ciò che tu desideravi, da una suggestione, da una immaginazione? Deve essere certo. Che vuol dire "certo"? Che si può spiegare solo in un modo, uno. Bisogna avere una direzione unica. Deve essere suscettibile di una interpretazione univoca. Certo e univoco. E, ancora una volta, non lo dice il sottoscritto che varrebbe meno di niente, ma lo dice la Giurisprudenza, costante, che è esercizio di ragione, eh, attenzione. La Giurisprudenza... non è che sono i giudici cattivi, la Cassazione è cattiva, la Cassazione mette i bastoni fra le ruote alla Giustizia. Ohé, non scherziamo, eh. Dico, i Giudici e la Giurisprudenza e le sentenze sono il massimo sforzo di buona fede che noi, poveri uomini con le nostre povere forse, facciamo per arrivare alla verità e per non combinare più guai di quelli che solitamente poi combiniamo e che ci portano in queste aule. 

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