venerdì 4 gennaio 2013

Relazione introduttiva del P.M. - Udienza del 21 aprile 1994 - Terza parte

Segue dalla seconda parte.

P.M.: Cosa sappiamo e cosa sapeva, cosa seppe la Polizia Giudiziaria successivamente di lui? Un uomo che, uscito dal carcere, si fece la sua vita. Ebbe una famiglia diversa, perché non sposò più la sua prima fidanzata. Il Pacciani lo ritroviamo negli atti giudiziari nel 1987-88 quando? Quando viene condannato per un episodio ai danni delle figlie. Quell'uomo così violento nel 1951 è un uomo che desta l'interesse degli investigatori perché fu condannato nel 1988 per reati di violenza carnale alla figlia. L'abbiamo già visto. Sulla base di questi dati di fatto, su questi precedenti, iniziò l'indagine. Ma iniziò l'indagine - anche questo vediamolo - con uno scopo: era lo scopo che si aveva e che aveva la Polizia Giudiziaria allora, nei confronti di tutti i possibili sospetti, cioè quello di trovare una sorta di alibi per scagionarli, per indagare altri. Era un numero così elevato di persone che non si poteva fare altrimenti. Si cercò questo. Si scagionò subito in un primo momento, il Pacciani, quando ci si accorse che nel 1978 aveva avuto un infarto. Si cercava un alibi, si disse: beh, uno che ha avuto un infarto non può aver fatto tutti quei delitti successivamente. Ci si ricredette subito quando, attraverso una innumerevole serie di deposizioni testimoniali di persone che lo conoscevano, si riuscì a dimostrare e a vedere come, dopo quel 1978, dopo quell'infarto, Pacciani mostrava una agilità e una forza fisica assolutamente inusuale dopo un infarto. Figuriamoci prima! Lo manifestò in tantissime occasioni che vi saranno riassunte dai testi. Siamo così giunti, dopo aver descritto le fonti sul fatto e le fonti relative al perché si arrivò al Pacciani - non a macchina, ma su dati obiettivi - siamo giunti a illustrare le fonti di prova in relazione agli indizi più importanti che sono stati raccolti: perché è questo il fulcro del processo, dovevamo solo dire i fatti, dovevamo dirvi che sono tutti fatti addebitabili all'imputato ma dobbiamo mostrarvi, uno per uno, quali sono gli indizi. Sono indizi che fanno parte dell'indagine perché sono frutto innanzitutto di acquisizione mediante sequestro, cioè sono dati oggettivi sui quali è difficile poter controvertire. Sono sequestro di oggetti all'imputato, primo. Secondo, sono testimonianze che cronologicamente spiegheranno le condotte conosciute, ovviamente, dell'imputato dal momento della sua scarcerazione nel '64 per l'omicidio del '51, fino alla sua ultima carcerazione. Abbiamo cercato di ricostruire, e lo ricostruiremo con i testi, tutto quello che possiamo sapere o che sappiamo della vita del Pacciani. Sono testimonianze numerosissime. La lista testi comprende 143 persone - mi rendo conto che è lunga, che la Corte dovrà lavorare a lungo - ma sono importantissime per capire cosa fece Pacciani dopo quella scarcerazione, per capire come quegli indizi sono così pesanti nei suoi confronti. Sono testimonianze che riguardano innanzitutto i luoghi in cui Pacciani ha vissuto che, innanzitutto vedremo, sono molto vicino ai luoghi degli omicidi. Addirittura il Mugello per il '74 e per l'84; e gli altri sono tutti localizzabili a sud-ovest di Firenze dove ha abitato o lavorato. Abbiamo tanti di quei testi, che ora non ha alcun senso soffermarvicisi. Abbiamo testi relativi al ciclomotore che aveva Pacciani. È importante, lo dobbiamo valorizzare. A Pacciani è stato sequestrato un ciclomotore Cimatti Minarelli, originariamente rosso sbiadito, e che è stato successivamente riverniciato nei colori giallo e azzurro. Rosso sbiadito come quel ciclomotore che fu visto da dei testi, che verranno davanti a voi, nei pressi del luogo dell'omicidio dell'83. Vi dimostreremo che Pietro Pacciani è sicuramente un guardone, frequentatore di boschi in ora notturna. Ci sono tanti di quegli elementi in proposito che vi annoieranno, ma ce n'è uno - il più importante di tutti -. È quell'elemento oggettivo relativo a quel biglietto che gli fu sequestrato al momento della perquisizione, sul quale Pacciani aveva appuntato un dato: coppia, e una targa Firenze e un numero. Era, si accertò, un biglietto relativo a una targa di auto di giovani che frequentavano la notte in macchina gli Scopeti, quella piazzola dove poi avvenne l'omicidio dell'85. In proposito, sul perché di quel biglietto e sul modo nel quale Pacciani si è difeso, io voglio dire solo - e ricordare o esporre a loro – un solo fatto. Primo: Pacciani dirà in un primo interrogatorio: "Non ho mai preso numeri di targa". "Non sono mai stato in quella strada a Scopeti". Il PM si ferma, gli dimostra che gli stessi occupanti di quella macchina dicono il contrario. Pacciani allora dà una versione del possesso di quel biglietto - suo manoscritto, prima negò persino che era scrittura sua - una versione di quel biglietto data in un suo memoriale indirizzato al Tribunale della Libertà, che ha dello stupefacente. Cioè un biglietto relativo a una annotazione - coppia, con una targa - di ragazzi che vanno la sera nella piazzola degli Scopeti, dice: "Sì, è vero, avete ragione, fin’ora ho mentito, io presi la targa per avvertire poi di giorno il conducente dell’auto” come lo riconosceva non si sa, "che in quella zona, la notte, c'era il "mostro". Dovevano stare attenti". Con questo vogliamo solo dimostrare che era un guardone e che andava in quella piazzola. Niente di più. Addirittura si annotava per ritornarci, perché era una macchina per lui interessante, il numero di targa. E ci scriveva "coppia". Saranno sentiti i testimoni che ci diranno quale fosse, dopo il '78, la sua straordinaria forza fisica. Saranno sentiti i testimoni che ci parleranno della sua abilità nell'uso dei coltelli; la sua abitudine a maneggiare armi. Saranno sentiti i testimoni che chiariranno come l'altezza dell'imputato è assolutamente compatibile con la esecuzione degli omicidi. Lo sentirete, avrete la possibilità di verificarlo, perché abbiamo i verbali di sopralluogo, abbiamo le foto dei mezzi su cui erano i giovani nelle varie occasioni. Avremo la possibilità di dimostrarvi come l'altezza dell'imputato è più che compatibile, anzi, combacia perfettamente, con i rilievi fatti in alcuni degli omicidi, soprattutto in relazione all'altezza da cui furono sparati i colpi. Tuttavia questi sono indizi che ci parlano di Pacciani e della sua persona, ma gli indizi più importanti, gli indizi più concreti che vi vogliamo offrire, sono sugli oggetti - come dicevo - quelli a lui sequestrati. Sono il famoso blocco da disegno "Skizzen Brunnen" - se ne parla diffusamente nel decreto del GIP, nella sentenza della cassazione, nella ordinanza del Tribunale della Libertà -. Cosa vi vogliamo dimostrare noi col dibattimento? Che fu un blocco, con il carattere indiziante massimo, per il P.M., che fu sequestrato il 2 giugno del '92 a casa, presso l'abitazione di Pacciani. E che è sicuramente suo, perché su talune pagine vi aveva fatto annotazioni di propria mano. Dall'indagine che cosa è emerso su questo blocco? Sintetizziamolo e vi daremo le prove. Che Pacciani aveva l'abitudine, a distanza di tempo, di riportare fatti che riguardavano lui, annotandoli per sua memoria su carta. Così fece su quel blocco. Ma erano fatti che annotava in varie occasioni, diverse da quelle in cui faceva l'annotazione. Ve lo dimostreremo. Su questo blocco su cui ci sono queste annotazioni di mano sicura del Pacciani ci si accorse che, sulla pagina di copertina posteriore, compaiono delle scritte a mano a lapis. E ci sono le cifre 426 460. In merito a tale reperto, che aveva carattere importante per l'indagine, furono fatte indagini di Polizia Scientifica e soprattutto fu esperita una rogatoria nella Repubblica di Germania che è correttamente inserita nel fascicolo per intero del dibattimento, ex articolo 431 lettera B del Codice di Procedura Penale. Ho comunque indicato, oltre aver fornito i fatti della rogatoria che sono per voi già utilizzabili, nella lista testi, alcune persone tedesche che sono state sentite dal P.M. nel corso di quella rogatoria. E che si sono dichiarate disponibili allora, quando furono sentite in Germania, a venire a testimoniare davanti a voi. Sono tre persone quelle indicate dal P.M., contento se la parte, la difesa, ne ha indicate altre, come ho visto nella lista testi. A noi bastano quelle tre, perché sono di una tale chiarezza e di una tale valenza probatoria che non lasciano dubbi su quel blocco e sulla provenienza di questo. Questi testi sono la sorella di Mayer Horst, vittima maschile del delitto del 1983; e sono due commesse di una grande cartoleria del paese di provenienza di questo ragazzo, Osnabruck, in Germania. Esse - queste testimonianze - hanno chiarito dei fatti: Mayer Horst usava blocchi da disegno come quello sequestrato. 2: il tipo di blocco era stato prodotto fra il '74 e l'86. 3: Mayer acquistava il materiale da disegno, come il blocco, in un negozio, il negozio Prel Shop di Osnabruck, il paese da cui proveniva. Uno identico ci fu fornito dalla sorella, che era ancora in casa, identico a quel blocco formato diverso, lo vedremo. La commessa di quel negozio di Osnabruck, di quella cartoleria, interpellata - una delle due - dichiarò al P.M. che era quasi completamente sicura che la cifra 4,60 era stata da lei scritta. L'altra commessa - Lohman Marina - dichiarava che molto verosimilmente - qui siamo alla verosimiglianza - ma lei era sicura, ma fu prudente, che la scritta, dicevo, 4,24 era di suo pugno. Inoltre, entrambe le due commesse, invitarono loro il P.M., il Procuratore della Repubblica di Osnabruck e il sottoscritto, che erano giustamente perplessi su quattro numeri, sei numeri, tre per una, a lapis, circa la loro sicurezza, invitarono il P.M. a fare una perizia comparativa e fornirono delle scritture di comparazione proprio degli anni a cui sembrava risalire il blocco. Queste scritture di comparazione furono portate in Italia; fu fatta una perizia con incidente probatorio che è agli atti, la quale ha terminato andando molto più avanti nella certezza di quelle che erano state le due donne, le quali, le sentirete, dissero di essere sicure, però dissero: controllatelo, noi non vogliamo far dipendere, che un blocco cosi importante per voi, diventi elemento indiziario sulla base della nostra testimonianza. Noi vogliamo essere credibili al massimo. Fate una perizia. Eccovi le scritture di comparazione. Quella perizia è lì in atti. Conclude: "la cifra 4,24 è riconducibile alle modalità esecutive della scrittura della Lohman. La cifra 4,60 è riconducibile alle modalità esecutive del saggio di scrittura della Stellmacher". Tale blocco ha quindi inequivocabilmente - è inutile che continuiamo ad avere dubbi su questo, comunque noi cercheremo di dimostrarvelo se qualche dubbio ci sarà - ha un significato, questo blocco, indiziante al massimo. Perché è necessariamente appartenuto al morto. Allora, se noi pensiamo che questo blocco era in possesso del Pacciani, che veniva da Osnabruck e che è stato riconosciuto come di proprietà di quel ragazzo. Se noi vogliamo pensare che non ha carattere indiziante, dobbiamo fare delle valutazioni di tale eccezionalità che non sono consentite. Cioè, che qualcuno diverso dall'Horst, dal ragazzo morto nell'83 era anche lui proveniente da Osnabruck, andava nello stesso negozio, è venuto in Italia, ha lasciato il blocco da qualche parte, Pacciani l'ha trovato, l'ha conservato e lo ha tenuto a casa. Ora, mi capite che tutta questa serie di considerazioni, davanti agli elementi che vi abbiamo portato è difficilmente sostenibile e non interrompe assolutamente il valore indiziante che vi ho dimostrato. Perché si tratta di una ipotesi così eccezionale e non suffragata da dati di fatto che non può essere presa in considerazione. Circa le annotazioni su questo blocco di mano del Pacciani, al P.M. servono per dimostrare che lo aveva lui, che è stato sequestrato a casa sua. È vero, ci sono annotazioni sopra, ma abbiamo anche visto com'è vero che il Pacciani aveva l'abitudine di scrivere i propri appunti uguali identici su vari pezzi di carta. E questi appunti, addirittura, che sono sul blocco del 1983, sono appunti relativi a dati di fatto: gli occhiali, una visita oculistica... Lo vedremo che, ideologicamente, non hanno trovato alcuna conferma, non si è trovato prova di questi fatti che dice di essere andato, di aver fatto la visita oculistica ma questo non ha importanza, perché al di là del fatto che non c'è alcuna prova del valore di quegli appunti, circa la loro datazione su quel blocco, basta dirvi che sul blocco è stato provato che quegli appunti sono stati ripetuti più volte. Cioè c'è traccia di quella scrittura, è rimasta traccia anche nelle pagine successive, di appunti identici con le stesse identiche parole e con gli stessi identici concetti che provano come su quel blocco egli ha scritto più volte le stesse cose. Questo prova che Pacciani era abituato a scrivere le stesse cose, a riportarle per sua memoria - lo proveremo in centomila altri modi, cioè su altri documenti - e queste scritte venivano fatte per motivi suoi, ci sono scritte, vedremo, che riguardano addirittura gli omicidi su altri appunti, sono scritte, alle quali, se c'è una data, non si può dare alcun valore cronologico perché Pacciani aveva l'abitudine di scriverle in più posti. C'è un altro elemento molto legato al blocco. E la prova viene sempre dalla Germania. C'è quel portasapone con una dicitura "DEIS" che è sequestrato il 2 giugno del '92 nell'abitazione di Mercatale. La sorella del Mayer, sentita, visto - dice – di aver visto un portasapone come quello sequestrato che le veniva mostrato, nella stanza del fratello. E su uno dei fogli interni del blocco fu rilevata un'impronta che, vedremo, sembrava riconducibile e sembra riconducibile a quella del portasapone, come se questo vi fosse stato appoggiato. Quel blocco e quel portasapone sono, abbiamo la possibilità di provare che sono delle vittime dell'83 e che erano in casa del Pacciani, sono stati a lui sequestrati. Vedremo che valore indiziante dare a questi elementi. Ma c'è l'indizio principale: è quella cartuccia calibro 22 LR Winchester con un proiettile a piombo nudo. È questo, signori, l'elemento che ha il massimo valore indiziante, per il quale lui semplicemente dice: "ce lo ha messo qualcuno". Vi verrà dimostrato come queste dichiarazioni del Pacciani "ce lo ha messo qualcuno", non possono avere alcun ingresso nel processo. Perché? Cercheremo di dimostrare per testi e documentalmente, attraverso le intercettazioni ambientali e attraverso il controllo a distanza che fu fatto dalla Polizia Giudiziaria del Pacciani, che fu il Pacciani stesso a far ritrovare quel proiettile, che la Polizia non sospettava, non pensava minimamente che ci fosse da cercare in quell'orto dove fu trovato. Fu proprio il comportamento di Pacciani sentirete le sue parole, vedrete come è stato ritrovato, ve lo mostreremo al momento opportuno - furono questi dati di fatto, subito dopo la sua scarcerazione ultima del '91, che indussero gli inquirenti a pensare che cosa? Uno che si comportava in questo modo, che cercava continuamente nell'orto, a pensare che Pacciani custodisse qualcosa di importante e che fosse per lui compromettente dal momento che la cercava in continuazione. Qualcosa che solo lui conosceva l'esistenza e il cui ritrovamento sarebbe stato per lui negativo. Gli accertamenti su quella cartuccia sono stati fatti con incidente probatorio. Il perché è stato cercato e trovato ve l'ho detto appena ora. Cosa è emerso da questo incidente probatorio su quella cartuccia trovata nell'orto? Quella cartuccia, signori, siamo in grado di dire oggi che è stata nella pistola calibro 22 che ha sparato negli otto duplici omicidi. Ecco il carattere indiziario. Perché dico questo? Perché i risultati dell'incidente probatorio sono chiarissimi e sono molto più importanti di quello che si pensa. Perché? Per ordine, in ordine: la cartuccia reca impressa, innanzitutto sul fondello, la lettera H. Fu rinvenuta in una cavità di un palo di cemento per sostegno di viti. Quella cartuccia è proprio una calibro 22 H, Long Rifle marca Winchester, munita di pallottola a piombo nudo. Cosa dicono i periti che hanno eseguito la perizia nell'incidente probatorio? "La lettera H stampigliata sul fondello della cartuccia sequestrata a Pacciani, è uguale" – la lettera H, eh, attenzione! cominciamo da quella - "a quella sui bossoli repertati sugli omicidi". Vi è una coincidenza morfologica delle lettere e la prova che si tratta di un identico usato. O meglio, il punzone fatto dalla stessa matrice, quello che ha impresso l'H. Andiamo avanti, perché anche qua non sono determinanti questi, sono importantissime queste identità, ma non è solo questa. Ci sono deformazioni su questa cartuccia che dimostrano come vi sia stato un disassamento fra la pallottola ed il bossolo e vi sono tracce di un avvenuto inceppamento di quel proiettile in una pistola. Vi è una presenza su quella cartuccia di una serie di microstrie rettilinee e parallele sul margine esterno del fondello. Microstrie che si verificano durante l'introduzione in canna. Un esperimento fatto alla Beretta dimostra che tali microstrie sono sempre riferibili ad una sola pistola. Le comparazioni poi effettuate sulle microstrie per dire che quella cartuccia è stata in quella pistola, le comparazioni fatte fra il bossolo trovato a Pacciani e i bossoli repertati degli omicidi, ci dicono innanzitutto - dico innanzitutto, perché c'è dell'altro - che sono comparazioni che ci danno una buona identità, un'identità significativa, una buona coincidenza all'andamento delle microstrie. E sono dovute a bossoli entrati in canna, ma non percossi. Perché i periti non vanno oltre? Ma è normale. Come si può, in un accertamento di questo genere, su questo, dire di più? Ma questo è un elemento che voi cercherete di sviscerare al massimo, che ci permette di dire come quella pallottola fu in quella cartuccia. 

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