venerdì 11 gennaio 2013

Avvocato Pietro Fioravanti - Udienza del 21 aprile 1994

Presidente: Bene, signori, buonasera. Riprende l'udienza, per favore ciascuno al proprio posto. La parola è alla difesa dell'imputato. Parla lei avvocato Fioravanti? 
A.F.: Sì. 
Presidente:Prego. 
A.F.: Avvocato Pietro Fioravanti difensore di Pietro Pacciani. Dopo aver ascoltato il Pubblico Ministero e le parti civili, il sottoscritto, in difesa di Pietro Pacciani, propone di dimostrare l'assoluta estraneità dell'imputato ai reati allo stesso contestati ed in primo luogo osservando l'onestà, la tranquillità e la serenità con cui la Pubblica Accusa ha tratteggiato sinteticamente una vicenda processuale dell'ipotetico autore della drammatica vicenda di sedici omicidi. Sedici morti di altrettanti giovani, dal 1968 al 1985. Diceva il Pubblico Ministero questa mattina, processo difficile perché indiziario, per l'Accusa. Processo meno difficile perché indiziario per la difesa ma processo importante per la difesa per Pietro Pacciani, per l'Italia, che ha letto tante stupidaggini sulla stampa su questo caso, su questi casi. Ma non è che la difesa abbia qualcosa da dire contro la stampa o contro le televisioni ma contro la stampa stupida e le televisioni stupide. 
Presidente:Avvocato, lasciamo stare argomento della stampa, della televisione. 
A.F.: Sì, lascio stare l'argomento... 
Presidente:Per carità, perché il processo si fa in quest'aula, di ciò che accade fuori non ce ne importa nulla.
A.F.: Senz'altro. 
Presidente:Prego.
A.F.: Senz'altro, senz'altro. Chiedo scusa se ho offeso qualcuno. 
Presidente:Prego. 
A.F.: E anche alla Corte chiedo scusa. Processo difficile perché indiziario ma a questo punto la sua esposizione, l'esposizione del Pubblico Ministero partiva da tesi, qualcuna, certamente tra virgolette e senza offesa, assurda per noi difensori, qualche altra aleatoria. Immaginando che l'autore di quegli omicidi potesse essere Pietro Pacciani, sottolineo immaginando. Mancava comunque alla tesi del Pubblico Ministero forse un'argomentazione logica al momento in cui si apprestava a dimostrare l'evidenza, partendo dalla persona di Pietro Pacciani e non dai fatti. Era anche un'affermazione chiarissima questa della parte civile, avvocato Santoni. Proseguiva illustrando alcuni episodi che con il processo per i sedici omicidi nulla avevano a che fare, in quanto l'illustrazione di questi episodi riguardavano fatti del passato di un uomo. Lo sforzo era encomiabile, sicuramente encomiabile, perché il lavoro dal 1968, intensificato dopo il 1985, è stato veramente grosso. Lo sforzo era massimo quando, riannodando le fila un po' scomposte del ragionamento, scendeva a proporre la sintesi per arrivare alla prova. Per l'Accusa la prova era raggiunta con un criterio cronologico, cioè prova dei delitti, perché si è indagato su Pacciani e prova sugli indizi. Per arrivare a questa prova il Pubblico Ministero illustrava e si riprometteva di illustrare maggiormente con dei mezzi documentali, atti di indagine, foto, perizie, sequestri, verbali e scendendo ancora nei particolari, iniziava a parlare dell'arma del delitto. Stessa arma dal 1968, stesse cartucce, simili caratteristiche ambientali: ora notturna, coppie in atteggiamento intimo, uso di una pistola e di uno strumento da punta e taglio. Questa era la discesa verso i particolari ma entrando a parlare più distintamente dell'arma, purtroppo di un'arma a noi ignota, o nota soltanto perché risalendo dall'esame dei proiettili si risale al tipo di arma, mai trovata. Il Pubblico Ministero faceva un breve salto nel buio. Se in tutti i delitti venne usata una stessa arma, anche l'autore di questi delitti è unico. Ecco, quel tra virgolette assurdo era questo, cioè l'unicità dell'arma mi dà anche come equivalenza l'unicità dell'autore dei delitti. È un comodo assioma questo, assolutamente e logicamente non dimostrabile. Entrando nella storia processuale, o meglio nella storia delittuosa di questi fatti, la Pubblica Accusa parla di indagini forse fatte male, forse non guidate bene, non portate a termine bene per il delitto del 1968. Sicuramente una confessione non in linea con gli atti di quel processo, né con gli atti almeno fino al 1989. Solo quando Mele negò, negò tutto, ma lo negò molto tardi, in quel momento Mele, quando negò, era stato dichiarato seminfermo di mente. È molto importante questa affermazione del Pubblico Ministero ma che deriva da una premessa logica per una conclusione illogica almeno processualmente intesa per questo processo. Tanto più illogica è la tesi della Pubblica Accusa quando ho sentito affermare che la credibilità del Mele è uguale a zero. Fu uguale a zero in quel processo. Punto e a capo. Vi dimostrerò - dice il Pubblico Ministero - che Mele Stefano non fu sincero, nessuna indagine o perizia vi fu, riepilogativa. Mele comunque non avrebbe sparato dal finestrino posteriore e per questo è falso. Dimostrazioni a posteriori portate. Ma allora qual è la verità per la storia? Se lo ripeteva la parte civile questa mattina avvocato Santoni Franchetti. Qual è la verità storica? Noi vogliamo la verità, non una semplice verità. Siamo tutti capaci di trovare un colpevole; siamo tutti capaci di trovare una verità soggettivamente intesa; non lo so se questa verità può essere scritta a caratteri cubitali che è la verità. Io ho seguito quest'uomo da oltre cinque anni, dal 1989, quando era alla fine della sua pena per dei fatti riguardanti le sue figlie. Ho seguito quest'uomo, ci ho parlato tante volte, lo può dire lui i sabati che io ho trascorso in carcere con lui. Mi sono convinto di giorno in giorno sempre di più, soprattutto da quel primo interrogatorio di giugno '90, quando con la prospettiva di sentirlo, di sentire il Pacciani per l'argomento armi o una pistola o dei fucili ad avancarica vecchi, si cominciava ad insinuare, e maggiormente nel settembre '90, e poi l'anno successivo, 14 luglio '91, finalmente venne fuori la storia che Pacciani poteva essere l'autore di questi delitti. Fino ad arrivare al 16 gennaio 1993 con la misura cautelare di Pacciani. Però la consequenzialità dell'assunto iniziando dal '68 così come ha fatto il Pubblico Ministero, io non mi sento di sostenere, sarò anche un piccolo avvocato, di statura e di intelligenza, ma essendo vissuto con un uomo, un inganno così prolungato, certamente non siamo gli ultimi della classe, io penso, per lasciarci ingannare sempre, per oltre cinque anni da una figura, che sarà o sarà stata quello che sarà stata ma non mi sento di sostenere nemmeno lontanamente una sola delle tesi di quegli otto indizi che poi sono diventati quattro in Cassazione, dei quali uno solo sembrerebbe abbastanza serio. Mi è piaciuta l'idea del Pubblico Ministero sulla - curiosamente piaciuta - sulla infondatezza di una tesi che alcuni hanno sostenuto, per fortuna, diceva il Pubblico Ministero, extraprocessuale, su più autori dei delitti. Ecco, fatti gravissimi, fatti difficili anche a realizzarsi di notte: agilità, potenza, resistenza, intelligenza, carattere non comune, forse non normale. Questi potevano essere i caratteri di un autore di quegli efferati omicidi, ma non di quest'uomo. Questo è un uomo. È un uomo provato da tante sventure, anche forse volute, ma non da questa sventura. Unico autore? Ma qual è la prova? Questa è la risposta della difesa alla tesi del Pubblico Ministero, che l'autore debba essere necessariamente uno solo perché l'arma è una sola, perché i fatti si sono realizzati in un certo modo, in due ambienti molto vicini, Mugello e Firenze, dintorni. E anche il Pubblico Ministero ha parlato di suggestione, portando a sostegno, ma a sostegno molto leggero - lo ha detto anche lui - la tesi del quadro. Sarebbe da spiegare la storia di questo quadro, perché sequestrare un quadro, farci una storia sopra, costruircela, io penso che possa essere un elemento di contorno, sì, ma cosa vuol provare questo? Suggestionare soltanto, rispetto sicuramente delle intelligenze della eccellentissima Corte, dei Giudici Popolari, certamente non possono essere suggestionati da un quadro che in realtà era una vecchia, non antica, meglio antica, per modo di dire di anni stampa, una stampa antica ricoperta dal colore che Pacciani ha dato sopra, firmandolo anche. Lo ha detto in un interrogatorio: 'quella era una stampa in bianco e nero da me riempita'. Cosa c'entra l'oggetto che ha questo quadro? Ognuno può tenere a casa sua quello che vuole. Questo era da capire un pochino prima, prima di presentare un argomento così pieno di suggestione. L’Accusa prosegue un po' a saltelli, cioè qualcosa è stato lasciato ma è logico, era una presentazione e quindi ci sarà tempo poi per discutere su tutti gli argomenti e anche di quelli che oggi non sono stati presentati e dopo aver tratteggiato a grandi linee i luoghi, il sequestro di un Cimatti Minarelli, motorino visto ai Giogoli, ma da chi con precisione e quando non si sa, a quale ora. Altezza non difforme né diversa da quella indicata da uno o due testimoni agli Scopeti, uno e ottanta e oltre; uno e sessantacinque, eccolo qui, diventato molto più basso oggi dalla vecchiaia, ma era uno e sessantacinque, ci sono le carte d'identità oggi. Ma l'assurdo delle assurdità sono i tre indizi: molto semplicemente ve li delineo perché non voglio tediare nessuno. I tre indizi riconosciuti e ritenuti come principe: il blocco Skizzen, la cartuccia inesplosa, l'asta tiramolla. Se questi sono gli indizi, ma sicuramente non sono prove, Pacciani, se queste diventassero prove, sarebbe stato il più grande pazzo della terra. Ma vi rendete conto? Pacciani, immaginiamo, va ai Giogoli in una sera dalle dieci e mezza alle undici e mezza, colpirebbe i due tedeschi dentro il furgone Volkswagen, entrerebbe dentro, prenderebbe un blocco da disegno piccolo così e un portasapone. Col motorino Cimatti Minarelli se lo porterebbe a casa - sono sette chilometri e mezzo circa dai Giogoli a Mercatale - se lo porterebbe a casa, 1983, oggi siamo al '94; lo terrebbe dentro casa per dieci lunghi anni. Viene arrestato per il reato sulle figlie nel 1987 di maggio. Esce dal carcere il 6 dicembre '91 per fine pena; fino ad aprile, anzi al 2 giugno '92, giorno del sequestro del blocco Skizzen, Pacciani se lo tiene tranquillamente in casa, insieme al portasapone per dimostrare che lui poteva sfidare la giustizia, per dimostrare che loro l'avevano visto dal 22 o 23 aprile, inizio di quegli scavi archeologici nel suo giardino, e non l'ha tolto, l'ha tenuto lì. Che scopo aveva Pacciani di riportare fogliolini ed altro del 1980-81 su quel blocco, scriverli. C'era scritto: oggi contratto SIP, 1981, piazza Del Popolo appena ristrutturata; contratto gas, 1981, 14 luglio. Lo potete vedere. Ecco, Pacciani ha retrodatato. Per che cosa? Per essere un autolesionista? Per dire 'vi ho ancora sfidato'? 'Trovatemi, io posso essere l'autore di quei delitti'. Pacciani sarebbe un pazzo e un autolesionista. Il blocco. La cartuccia inesplosa: è una cosa che io non riesco a capire. Io ero presente ed uscito, perché tutte le mattine per tredici giorni, mi sembra, Pacciani delegava il sottoscritto a presenziare a quegli scavi, a quelle verbalizzazioni di sequestro. Ed io sono stato lì per tredici giorni. Al terzo giorno, dopo che per tre giorni era passato il metaldetector su quel giardino, su quel paletto di vigna, è venuto fuori a fior di terra, poco interrato, dentro un buco di quel paletto, un proiettile calibro 22, Winchester, serie H, inesploso. Pacciani l'avrebbe saputo, l'avrebbe potuto togliere, non l'ha fatto. Anche qui l'autolesionismo e la pazzia! Asta tiramolla: Pacciani esce dal carcere il 6 dicembre '91, torna a casa, va nel garage, va fuori. Maggio 1992, lettera anonima ai Carabinieri, accompagnata da un pezzo di stoffa con dentro un piccolo oggetto metallico: asta tiramolla di una pistola, sembra; può essere come non può essere. Inviata da chi? Pacciani. Chi va nel garage di Pacciani? Ecco, io lascio all'eccellentissima Corte, ripeto, non voglio tediarla, voglio concludere: se questi sono gli indizi, sicuramente non saranno le prove. Pacciani, per non essere pazzo, deve dimostrare questo. Ma prima di dimostrare questo, sono, è l'accusa che deve dimostrare la consistenza di questo, cioè che gli indizi vengano maturati a prove. Vogliamo essere a questo punto onesti con l'Accusa, cioè la difesa vuole - e questa è una frase che io ho letto su un giornale - prendere atto quando l'Accusa dice "Qualora questi indizi non assurgeranno a prove, io stesso, Pubblico Ministero, chiederò l'assoluzione". Ma siccome Pacciani colpevole non è, noi ci aspettiamo questo, noi difensori: le nostre prove le abbiamo depositate, la richiesta di prove testimoniali l'abbiamo depositata; noi non dovremmo dimostrare che Pacciani è innocente. È l'Accusa che deve dimostrare che Pacciani è colpevole. Non è una suggestione la colpevolezza di Pacciani: ci deve dimostrare questo. Mentre l'innocenza è concretezza, per ora le accuse rimangono una suggestione. Vogliamo e, lo ripeto, diceva la parte civile, avvocato Santoni Franchetti, la verità, non una verità. E per questa verità la difesa di Pacciani deposita, perché la Corte ne possa prendere visione, numero 17 lettere anonime e non anonime, già depositate tutte ai Pubblici Ministeri, riservandosi il controesame, ribadendo il contenuto delle richieste di prova già depositate. Grazie.

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