lunedì 22 giugno 2009

Giovanni Mele - Intervista su La città - 12 settembre 1985

Alcuni giorni dopo il duplice omicidio di Scopeti, Giovanni Mele rilasciò l'intervista che segue alla giornalista Maria Cristina Carratù per il quotidiano "La città".

Giornalista: Che cosa ha provato alla notizia del nuovo delitto?
Giovanni Mele: Da una parte, naturalmente, mi è dispiaciuto molto. Dall’altra, però, inutile negarlo: ci ha scagionato ancora di più.
Giornalista: Le è stato chiesto un alibi per le ore in cui si presume siano stati uccisi i due francesi?
Giovanni Mele: Si, me l’hanno chiesto i carabinieri di Scandicci. Ma io l’ho detto anche a loro, sono un pensionato, non posso mica stare sempre chiuso in casa come un riccio. Giro spesso...
Giornalista: Ha un'idea di che tipo potrebbe essere l'assassino?
Giovanni Mele: Credo che sia una persona malata, che ha più bisogno di cure che di giustizia. Forse può essere una faccia d’angelo dalla doppia personalità. Ma sono ipotesi. lo non riesco a dire nulla su questo.
Giornalista: Ha mai provato risentimento controi magistrati che l'hanno accusato?
Giovanni Mele: No, hanno sbagliato e sbagliare è umano. L’ha detto Gesù Cristo.
Giornalista: Come si svolge la sua vita in questo periodo?
Giovanni Mele: Leggo molto, giornali e libri, soprattutto di geografia ma anche di filosofia. Per esempio ho letto Sartre. Poi giro molte ore al giorno con la mia macchina. Vado a Farenze al piazzale Michelangelo, oppure mi siedo su qualche panchina a fare le parole incrociate. E poi vedo molta gente. Qui a Scandicci frequento alcuni bar. Sono conosciuto dappertutto e dopo quello che è successo tutti sono gentilissimi con me. Spesso nei bar mi ritrovo caffè e colazione già pagati. Per non sentirmi in imbarazzo mi tocca andare a Firenze a prenderli...
Giornalista: E del suo hobby di intagliatote di sughero si occupa ancora? Oppure ha smesso da quando gli strumenti che usava sono stati considerati elementi di accusa controdi lei?
Giovanni Mele: Eccome se me ne occupo - e indica un quadro appeso al muro la cui cornice di sughero è tutta intagliata a minuscole losanghe- L’ho fatto io. Ci vuole una mano molto precisa, sennò le righe vengono tutte storte. Un anno fa mi è stato chiesto di fare una mostra dei miei lavori. Subito ho accettato, ma poi ci ho ripensato. È meglio che finisca questa confusione.
Giornalista: Che rapporti ha con suo cognato Mucciarini? Giovanni Mele: Ci vediamo di rado. Abbiamo caratteri diversi, lui è molto chiuso, soprattutto dopo la morte della moglie vive molto rititato; io invece sono estroverso. Ma i nostri rapporti sono buoni.
Giornalista: E con suo fratello Stefano (marito di Barbara Locci, la donna assassinata con l'amante nel '68 e accusatore di Giovanni Mele e Mucciarini.
Giovanni: È ancora nella casa di riposo vicino a Verona. Poveretto è uno che non sa ragionare. Ma nonostante tutto il male che ci ha fatto" e guarda la sorella che annuisce "l’abbiamo perdonato.
Rif.1 - La città - 12 settembre 1985 pag.5
Nella foto il palazzo a Scandicci dove, al secondo piano, abitava Giovanni Mele.

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